mercoledì 2 settembre 2015

Le recensioni del c4os: The Evil Within

Il male dentro, un po' come quando mangi troppe cozze crude e la notte sei scosso da potenti coliche intestinali.
Per fortuna questo gioco non t'ha fatto quest'effetto, anzi.

L'ultima fatica di Shinji Mikami (papa' dei Resident Evil) e' una nuova IP horror nella quale succedono tante cose spaventose.
So che e' fuori da un po' (leggi= un anno) ma ho aspettato che patch e dlc facessero il loro corso prima di dedicarmici.

L'impressione, dopo un normale inizio che t'ha ricordato Condamned, e' di un gioco volutamente incasinato che ad ogni capitolo si diverte a spiazzarti senza farti capire un cavolo di dove sei finito, contro chi stai combattendo e quale sia il tuo scopo.
Il protagonista con la sua completa assenza di emozioni (leggi= alessitimia) non aiuta certo la nostra empatia a "sentire" quello che ci succede attorno: la gente viene uccisa da un tizio incappucciato mezzo deforme? tuttapposto; il tuo partner si sta per trasformare in un orrendo mostro ma lo salvi all'ultimo? be' succede, a Natale lo invitero' ancora a mangiare il polpettone da me.
Questo tizio sarebbe capace di vedere un gattino e di non provare la voglia di accarezzarlo, seriously.

La totale assenza di porsi delle domande da parte del nostro eroe ha come effetto quello di non farci immergere completamente nella realta' horror in cui ci troviamo sbalzati. Se fosse un gioco lineare probabilmente ne risentirebbe ma l'originale metodo con cui vengono proposti i livelli, pur nel classico crescendo di climax, spiazza ad ogni inizio di capitolo evitando, fortunatamente, il peggio.
Il risultato finale e' un misto tra The Cell con la Lopez e Identity con John Cusack, due film che personalmente apprezzo, simili per modo ma diversi nello svolgimento.

Non il capolavoro che esclami "Cazzo!!! Che gioco della madonna" ma un buon game con delle ottime idee (tipo l'area del save game col concetto di "al di la dello specchio" o il bellissimo boss fight col the keeper) e delle gran mimmate (la fuga sullo scuolabus odora di Giapponese anche a kilometri di distanza).
Ah, non sai se perche' l'hai giocato ad hard ma sei contento di non aver mai avuto quella sensazione da uomo arsenale classica che si presenta in late game in questo genere di giochi. Le tue munizioni erano sempre piuttosto ridotte e se non andavi a fiutarle a giro per i livelli col piffero che superavi certi pezzi (anche se non hai mai sparato un colpo di magnum e te ne vergogni un po').

Della trama, alla fine, non c'hai capito personalmente un granche'. Si hai colto le parti principali ma i dettagli ti son scivolati via. Il finale, giapponissimo, apre al classico seguito con la formula brevettata in Inception del "e' vero che non e' vero".
In una scala da 0 a Dead Space siamo su un onesto The blair witch project.

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